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SOSTENERE IL SISTEMA IMMUNITARIO

Antidoti allo stress per
SOSTENERE IL SISTEMA IMMUNITARIO

 

Dappertutto si sente parlare di SARS-CoV-2 il virus che causa coVid19, questo demone (come lo ha definito il capo dello stato cinese) che sembra invincibile, contro cui siamo in guerra. Si descrive l’umanità come disarmata perché non ci sono vaccini per fermarlo né medicine per curarlo, e sembra che tutti dimentichino l’argine interno a virus e patogeni in genere: il sistema immunitario.

Ci sono pratiche piacevolissime che possono dare un ottimo sostegno al sistema immunitario e che utilizzate insieme alle norme igieniche raccomandate dal Ministero della Salute ci danno  la possibilità di fare argine alla diffusione del virus, per il nostro bene e per proteggere chi è più vulnerabile. È paradossale che ci volesse un virus come questo per evidenziare quanto siamo tutti interconnessi.

COME FARE A NON PRENDERE SARS-COV-19?

Risposta: siamo pieni di virus batteri e microorganismi vari ovunque: da pelle e mucose sulla superficie del corpo all’interno del tubo digerente. Quando siamo in buona salute è perché il SISTEMA IMMUNITARIO, questa meraviglia che abbiamo dentro di noi, fa piazza pulita di quelli che proliferano troppo e ammazza stecchite le novità di stagione che cercano di invaderci. Perché un virus possa agire indisturbato bisogna che il sistema immunitario sia più o meno disabilitato (la maggior parte delle persone che sono morte di coVid19, la malattia causata dal virus, erano molto anziane, con gravi patologie pregresse e immunodepresse).

 

C’È UNA CURA?

Non ci sono farmaci che curino i virus (gli antibiotici NON fanno niente ai virus- vengono usati in caso di infezioni batteriche che si aggiungano al virus). Circa l’80% dei casi di coVid19 hanno sintomi così blandi che non vengono considerati neanche influenza, e come per il raffreddore si aspetta che passino. In ospedale vengono ricoverati solo quelli con le sintomatologie più gravi, e vengono sostenuti (a volte tenuti in vita in rianimazione) fintanto che il sistema immunitario non ce la fa a reagire e debellare il virus. QUELLO CHE CI FA GUARIRE DAI VIRUS E’ UN SISTEMA IMMUNITARIO CHE FUNZIONI A DOVERE. E LA BUONA NOTIZIA E’ CHE LO SI PUO’ SOSTENERE

 

COME SI SOSTIENE IL SISTEMA IMMUNITARIO?

In molti modi, meglio se tutti insieme. Tanto per cominciare ci sono montagne di studi scientifici che indicano nel BUON SONNO uno dei fattori fondamentali per un funzionamento ottimale del sistema immunitario: e non solo perché dormendo il corpo si ripara e rigenera, ma anche perché nel sonno le cellule T sono più efficaci nell’eliminazione dei patogeni. Il sonno è un argomento molto studiato dalle neuroscienze in un’epoca in cui la cosiddetta produttività è considerata molto più importante del riposo. Studi recenti provano che 20 minuti di riposino postprandiale elevano in maniera significativa la produttività sul lavoro (la pennica è sdoganata!). Gli studi sulla relazione fra stress e indebolimento del sistema immunitario non si contano, ma lo sappiamo tutti che la deprivazione da sonno e la stanchezza eccessiva ci rendono più vulnerabili al raffreddore, all’herpes labiale o all’influenza (virus anche loro, parenti poveri della star del momento).

Vale la pena di menzionare che studi altrettanto innumerevoli ci ricordano che l’innalzamento della temperatura corporea da un lato facilita il lavoro del sistema immunitario nel rispondere a un attacco, e dall’altro rende la vita difficile a virus e batteri. Adoro leggere divulgazione scientifica, soprattutto sul funzionamento del corpo umano, e trovo affascinante la perfezione di come è organizzato il corpo, e di quante risorse abbia.

Altro sostegno al sistema immunitario sono LE RISATE. Si, avete letto bene. Il vecchio adagio che il riso fa buon sangue ha a che vedere col fatto che una bella risata di pancia stimola il nervo vago, a sua volta interruttore del parasimpatico (la parte del sistema nervoso autonomo che attiva rilassamento e rigenerazione).

Naturalmente il miglior sostegno al sistema immunitario viene proprio dalla sana alternanza fra attivazione delle due componenti del sistema nervoso autonomo: la reazione da stress (attacco-fuga) disattiva tutto ciò che ci può distrarre dall’ attaccare o fuggire efficacemente, fra cui quisquilie come l’apparato digerente e il sistema immunitario, che vengono riattivati quando si passa al sistema parasimpatico, che ripara e rigenera (per una trattazione un po’ più estesa  andate alla voce di menù “gestione dello stress”), e qui arriviamo al punto: se siamo in preda al panico perché viviamo il virus come una minaccia incombente siamo in uno stato di allarme e costante attivazione del sistema di attacco fuga, in uno stato di stress grave. Questo rende più difficile usare al meglio le risorse del sistema immunitario. In pratica più ho paura del virus più sono sotto stress più gli srotolo un bel red carpet. PER SOSTENERE AL MEGLIO IL SISTEMA IMMUNITARIO BISOGNA FAR CALARE LO STRESS.

 

COME SI FA A FAR CALARE LO STRESS?

Non ho usato a caso il verbo calare, perché si parla di calo dello stress: uno stress sostenuto a lungo distrugge la salute, e crea assuefazione. La vita contemporanea è un esercizio di stress sostenuto a lungo, una vera e propria dipendenza chimica dall’adrenalina (imitata da sostanze stupefacenti non a caso molto diffuse, come la cocaina, o in passato le anfetamine). Di più, siamo tutti costantemente bersagliati da stimoli stressanti, per cui se vogliamo dare una mano al sistema immunitario è bene imparare a CREARE AUTONOMAMENTE un CALO DELLO STRESS. Nel mio lavoro faccio veri e propri corsi per creare un antidoto allo stress. Lo stress è utilissimo se è in musura molto inferiore a quello che sta devastando la salute pubblica nei paesi cosiddetti avanzati. È come il peperoncino: non mangiamo un piatto pieno di peperoncino, lo usiamo come condimento. Lo stress dovrebbe essere in un grafico un picco con caduta. E’ LA CADUTA DELLO STRESS CHE RIPORTA AL BENESSERE. Vi propongo tre strumenti pratici per generarla dal di dentro, indipendentemente dalle condizioni esterne.

 

 

 

 

 

 

 

Immagine di Sakya Trizen

LA COSA PIU’ SEMPLICE E PIU’ FACILE
PER INDURRE UN CALO DELLO STRESS È
AGIRE SUL RESPIRO.

Una caratteristica dello stress prolungato (che spesso genera sintomi come l’ansia) è che il respiro è corto, affrettato, e molto alto nel petto, praticamente clavicolare, perché c’è tensione nel diaframma che non si abbassa e quindi non permette l’espansione dei polmoni nell’inspirazione. Fare dei respiri lunghi è difficile. Il trucco è prolungare l’espirazione facendola durare il doppio dell’inspirazione: se inspirando riesco a contare fino a due, farò durare quattro l’espirazione, se riesco a inspirare con un conto di tre espirerò facendo durare sei l’espirazione e così via. All’inizio non è semplice, ci vuole una certa concentrazione. Con la pratica diventa uno strumento formidabile, un calmante naturale. Un esercizio interessante è fare un minuto così, espirando in un tempo doppio dell’inspirazione, ogni ora. È un esercizio di consapevolezza non da poco, ma oggi con le sveglie dei telefonini si può fare. Oppure si possono fare 5 minuti al risveglio, cinque minuti a metà giornata (prima di mangiare diamo un aiuto allo stomaco), cinque minuti al rientro a casa o all’ora di dormire. Come le risate attiva il nervo vago, che a sua volta accende il sistema parasimpatico e le sue belle funzioni, facilitando anche il sonno. Più lo si pratica abitualmente più diventa efficace. Costo: zero (scrivo in Liguria e qui è una cosa importante).

 

UNO STRUMENTO MOLTO POTENTE È L’USO DELLA VISUALIZZAZIONE.

Si tratta di guidare la mente e portare l’attenzione su un ricordo piacevole (che sia solo piacevole, senza collegamenti tristi) che può essere preso dal proprio passato o da un film preferito, o su un’immagine piacevole, un paesaggio amato, un fiore, il mare. Volendo essere splendidi si può collegare l’espirazione prolungata alla visualizzazione per un effetto potenziato. E naturalmente siccome usiamo l’immaginazione anche qualcosa di completamente immaginario vale, basta che evochi solo sensazioni e collegamenti positivi. Le neuroscienze insegnano che per il cervello un’immagine che vediamo nella realtà o una che immaginiamo ad occhi chiusi accendono esattamente le stesse aree – non c’è differenza. È un’illusione? Certo! Ma perché no? Mi concedo una mini vacanza, pochi minuti in cui porto la mia attenzione su qualcosa di molto piacevole e tranquillizzante, e anche qui lo stress cala.

 

LA MEDITAZIONE NATURALMENTE È IL MASSIMO.

Qui devo spiegare cosa intendo per meditazione: una forma di educazione che genera l’abitudine a quietare la mente, portando l’attenzione al corpo e al respiro. Ci sono infiniti modi di meditare, e chi ha già un suo metodo preferito è bene che usi quello. Per chi è alle prime armi sul mio canale youtube ho messo diverse meditazioni guidate: usate quotidianamente abituano a disciplinare la mente, generando il calo dello stress a piacimento. Cliccando il titolo si va direttamente alla meditazione.

La più breve è meno di dieci minuti    (meditazione di allineamento e centratura), le altre durano circa un quarto d’ora, facilmente inseribili anche nelle giornate più piene.

Ce n’è una, in particolare, per passare dallo stato di cupezza in cui può essere facile cadere in questo periodo alla calma (meditazione per accendere la luce), e ce n’è un’altra per aiutare a prendere sonno ( meditazione della buona notte). Un sostegno amorevole, un aiuto e un appoggio che possiamo darci da soli.

 

 

Legge di Murphy e Legge di Attrazione

 

 

 Parecchi anni fa (negli US 1977,  in Italia 1988) uscì una serie di libri comici di grande successo: l’autore era Arthur Bloch. Il primo si chiamava La legge di Murphy, ed enunciava “se qualcosa può andare storto lo farà”. In seguito apparve La legge di Murphy sull’amore, col sottotitolo: “Se ti può andare buca lo farà” e altri.   Ancora oggi è un riferimento, e tutti capiscono quando viene citato. Io ne raccomando la lettura a chi studia con me e ha propensioni troppo forti al pessimismo. Perché hanno avuto così tanto successo questi libretti, e perché fanno così ridere? Ma perché tutti abbiamo giornate sfortunate, in cui tutto ci va storto, e il rispecchiamento provoca sollievo, e il sollievo risate, ottimo antidoto allo stress.

Un altro motivo di questo successo penso sia la propensione del cervello umano a cogliere e ricordare elementi e giudizi negativi dando loro più risalto che a quelli positivi: i ricercatori lo chiamano “negativity bias” (letteralmente “pregiudizio negativo” non c’è una traduzione ufficiale, viene usato in inglese anche negli articoli scientifici italiani) e pare che ci vogliano cinque rinforzi positivi per annullare un solo giudizio negativo. Negli studi scientifici al riguardo c’è chi sostiene che dipenda dall’evoluzione che alle origini dell’umanità ci ha plasmati per la sopravvivenza in ambienti estremamente ostili: cogliere gli elementi negativi ed essere all’erta nel prevedere i pericoli era necessario per sopravvivere, e quindi il cervello dà la precedenza agli input negativi per poter far fronte alla minaccia che segnalano.

 

Una parte della nostra mente è continuamente attiva nel cercare di prevedere – prevenire – controllare come vanno le cose. Se a questo si aggiunge che più o meno tutti tendono a immaginare che nel futuro si ripetano le esperienze del passato, finisce che se si è vissuto un evento sfortunato nel passato si teme che si ripeta in futuro. Da temere che si ripeta a cominciare ad aspettarselo è un attimo… Ma perché concentrarsi così tanto sulla negatività? L’ho sentito dire da tante persone: se mi creo aspettative positive e poi non si realizzano provo delusione e frustrazione. Se invece mi aspetto il peggio posso far fronte e cavarmela meglio. E nessuno sembra cogliere l’aspetto paradossale che c’è nel dedicarsi intensamente alla preoccupazione e ai provvedimenti per il negativo da evitare invece di concentrarsi in positivo su ciò che vorrebbero veder realizzato. D’altronde non è una novità: non dicevano i Romani “si vis pacem para bellum”?

 

C’è un’altra serie  di best sellers famosi, che trattano di un’altra legge, quella di attrazione, che ha destato molte controversie per il modo in cui è stata presentata nel film e nel libro che le hanno dato risonanza mondiale: The Secret (titolo in inglese anche per l’edizione italiana), uscito nel 2006. La coordinatrice Rhonda Byrne insieme a un certo numero di autori famosi nel campo sostengono che “si attrae ciò su cui ci si concentra”, e che tutti i desideri si avverano, basta volerlo.  Dopo un iniziale grandissimo successo commerciale se ne è sentito parlare sempre meno, perché i risultati che si avevano applicandone i principi erano poco consistenti: per alcuni effettivamente desideri e obbiettivi si avveravano come per magia, mentre per altri (la maggior parte) non succedeva niente, e per quanto si concentrassero, facessero visualizzazioni e si ripetessero frasi positive le cose purtroppo non cambiavano, e la frustrazione era molto forte.Capita a molti di cercare di cambiare in meglio la propria vita e che i risultati non arrivino pur impegnandosi. In questi casi sembra che la Legge di Murphy batta la Legge d’Attrazione uno a zero. Anche per la realizzazione di desideri e obbiettivi sembra proprio che se qualcosa può andare storto lo farà.

 

Veniamo ora al testo originale della legge d’attrazione, Ask And It Is Given del 2004 (Chiedi e ti sarà dato, vedi nota alla fine del prossimo paragrafo). Ci ha messo più tempo ad arrivare in classifica, ma è diventato anche lui un best seller, con un successo più duraturo di The Secret, e un corollario di corsi che tuttora attraggono grande partecipazione in tutto il mondo occidentale. Chiedi e ti sarà dato come La legge d’attrazione (2008) e gli altri della serie sono testi canalizzati (i testi canalizzati esistono da sempre: in epoche remote li scrivevano i Profeti, che in vita di solito erano perseguitati, ma poi pubblicati nella Bibbia). Gli autori che figurano in copertina, Esther e Jerry Hicks, erano una coppia di persone soddisfatte della vita, benestanti e curiose, che a metà degli anni ’80 avevano iniziato a praticare la meditazione per gli effetti di rilassamento e benessere che procurava. Dopo nove mesi di pratica Esther cominciò a sentire un contatto che le ricordava le sensazioni provate in una seduta di canalizzazione in cui una signora che non la conosceva affatto le aveva dato spiegazioni con riferimenti estremamente personali ed accurati. Man mano che Esther sentiva più precisamente il contatto, suo marito Jerry la subissava di domande. Le entità che rispondevano tramite Esther sostenevano di essere un gruppo di esseri mai incarnati, che esistevano al fine di aiutare gli umani nel viaggio dell’incarnazione, e avendo bisogno di un nome lei cominciò a chiamarli “gli Abrahams”. Ascoltando su YouTube le registrazioni dei primi anni si sente Jerry fare domande su tanti argomenti, ed Ester fornire risposte, informazioni e insegnamenti. In seguito gli insegnamenti si sono concentrati principalmente sulla “Legge d’Attrazione”, perché secondo queste guide fa parte di ciò che serve attualmente per l’evoluzione dell’umanità.

Si chiama legge d’attrazione perché spiega come attraiamo a noi tutto quello che ci succede, in positivo e in negativo (e questa è una notevole differenza rispetto a The Secret, in cui si parlava solo del positivo): “attrai ciò alla cui frequenza vibri” laddove “frequenza” semplificando un po’ può essere tradotto come “stato emotivo”. Secondo gli Abrahams, ogni volta che esprimiamo un desiderio nella vita di tutti i giorni (sia consapevolmente e intenzionalmente che automaticamente, senza accorgercene, magari in reazione a qualche accadimento), l’Universo prende nota, e mette a disposizione la realizzazione di quel desiderio. La capacità di ricevere della persona determina uno di due risultati: o la manifestazione, anche istantanea se non ci sono ostacoli interni, o la messa in attesa in una specie di deposito: la consegna dipenderà dallo stato di ricettività della persona. Nota curiosa sul titolo del primo libro italiano sulla legge d’attrazione: Ask and it is given

 

 

 

 

 

dovrebbe essere tradotto chiedi e ti è già stato dato e non chiedi e ti sarà dato. Ho tradotto alcuni libri e tanti corsi tenuti da insegnanti anglofoni, e presto molta attenzione a come l’uso del linguaggio plasmi il pensiero. C’è una bella differenza fra “ti è già stato dato” e “ti sarà dato”.

Se desideriamo tanto qualcosa ma non facciamo altro che ribadire la nostra ansia per i  problemi che potrebbero sorgere, per tutto quello che potrebbe andar storto direbbe Bloch, quanto spazio rimane per ricevere la realizzazione in positivo del nostro obbiettivo? Ben poco.

È la frequenza che permette di accogliere la realizzazione del desiderio. Gli Abrahams definiscono “vortice” lo stato ricettivo perfetto: uno stato di pace e gioia indipendente dalle condizioni esterne, dovuto all’allineamento spirituale, laddove il vortice è il contatto con la dimensione spirituale, con la propria Fonte, e in quello stato non c’è ansia, non c’è nervoso o preoccupazione, solo la serena certezza di essere tutt’uno col mondo, anche se è riduttivo esprimere a parole qualcosa di intensamente non verbale come il contatto con l’essenza.

Quindi paradossalmente il modo migliore per realizzare un desiderio è sentirsi bene, in pace e sereni, in uno stato paragonabile alla gratitudine e soddisfazione che proveremmo se il desiderio si fosse già realizzato. Uno stato di gratitudine che preceda la materializzazione del desiderio nella nostra cultura non ha senso, ma lo ritroviamo nelle interviste che Gregg Braden riporta ne L’effetto Isaia (in cui chiede ad esponenti di culture fra le più antiche del pianeta, dai buddhisti tibetani ai nativi americani di descrivere cosa intendano per “preghiera”). In queste culture in cui la spiritualità è parte integrante della vita lo stato di preghiera è la gratitudine, perché considerano automaticamente ricevuto ciò che chiedono, aspettarsi di ricevere è per loro tutt’uno col chiedere.

Riassumendo: il primo passo è chiedere, il secondo è che l’Universo mette a disposizione nel vortice. Nel terzo passo si riceve entrando nel vortice. E come si entra nel vortice? Con l’allineamento al mondo spirituale. A questo fine da millenni si pratica la meditazione come connessione alla Fonte, a quel qualcosa in più, che va oltre i limiti umani, il luogo dove la nostra Essenza risied

, mentre Abraham-Hicksincludono l’aspetto ben più vasto (e vincente) dello Spirito.

nell’Infinito, che lo si voglia chiamare Grande Spirito, Dio, o Campo Punto Zero. Sul piano pratico questo si traduce in uno stato di serenità lucidità e benessere collegato alla gratitudine come l’uovo alla gallina, difficile dire quale venga prima, anche se si generano a vicenda.

È la riconnessione alla Fonte l’elemento che differenzia la legge d’attrazione spiegata da Abrahams-Hicks da quella enunciata in The Secret : quest’ultimo si concentra solo sulla mente umana, solo sul pensiero, mentre Abraham-Hicks includono l’aspetto ben più vasto (e vincente) dello Spirito.

Quelli che applicando l’idea proposta in The Secret si concentrano sulla realizzazione di un obbiettivo e hanno risultati sono quelli già convinti di poterlo realizzare, che provano entusiasmo all’idea, non hanno dubbi o blocchi e sono inarrestabili per carattere:  per loro è solo questione di tempo tanto la loro fiducia è incrollabile. E infatti c’è un sacco di gente che non ha letto nessuno di questi libri, ignora tutte queste leggi e ottiene splendidi risultati proprio perché ha per carattere quel tipo di atteggiamento.

Gli altri invece, quelli che hanno letto il libro guardato il dvd recitato litanie di pensieri positivi fino a diventar verdi e non hanno avuto risultati sono quelli la cui convinzione è puramente mentale,  e in conflitto con dubbi paure preoccupazioni dominanti… Mi ricordano il protagonista della saga cinematografica Matrix, Neo, quando per la prima volta sfida le leggi di gravità con il salto da un grattacielo all’altro nel programma di allenamento (realtà virtuale in cui però le sensazioni sono fisiche… ci ricorda qualcosa?). Prima di saltare si strofina nervosamente le mani e si ripete meccanicamente che è possibile e ce la può fare. Vuole convincersi, ma il suo linguaggio corporeo esprime chiaramente la sua tensione e le sue vere convinzioni, infatti fallisce miseramente, facendo un bel buco nell’asfalto.

Come ogni eroe che si rispetti però, dopo il superamento di innumerevoli prove che piano piano lo staccano dalle convinzioni limitate sui suoi poteri, all’inizio del secondo film “fa Superman”, e il salto è solo lo slancio che prende per volare più veloce della luce. Ma a quel punto quella è la sua normalità acquisita.

 

 

Tornando alla legge d’attrazione per cui “attrai ciò alla cui frequenza vibri”, il termine “frequenza” va ben oltre il pensiero consapevole, include convinzioni e aspettative profonde, che nel quotidiano si esprimono come emozioni. È lo stato emotivo insieme a qualità di pensieri e aspettative che si ripetono costantemente a determinare la frequenza a cui vibriamo. In positivo come in negativo.

 

Se si esprime un desiderio e poi si passa tutto il tempo a dubitare che possa avverarsi, a provare ansia perché non è ancora successo e frustrazione per gli sforzi considerati inutili perché il risultato non è ancora raggiunto, alla fine vince la legge di Murphy: se qualcosa può andare storto  lo farà, perché la frequenza emotiva è dubbio e timore di non riuscire. Se baso questo timore su quello che mi è andato male in passato non faccio che proiettare il passato nel futuro, e niente può cambiare.

 

Se si esprime un desiderio e si risponde ai timori con l’incoraggiamento, si fa meditazione e piano piano si allenta la presa della preoccupazione, si trovano piccole cose di cui essere grati e si coltiva uno stato di apprezzamento per tutto quello di buono che c’è già (e che molti tendono a dare per scontato), e si guida gentilmente il pensiero a episodi in cui le cose sono andate effettivamente bene, piano piano si coltiva uno stato d’animo sereno, e piano piano il piacere di quella serenità e la gioia di coltivare la gratitudine portano a una frequenza sufficientemente alta da entrare nel vortice, e allora cominciano a succedere un sacco di piacevoli coincidenze, facilitazioni, colpi di fortuna. A quel punto è facile sentirsi sempre più ottimisti, essere colti dall’ispirazione a fare le cose al momento e nel modo giusto… e la realizzazione del desiderio è solo una delle cose belle che succedono di cui essere grati.

 

Ho sentito molti commenti (uno fra tutti la pagina di wikipedia dedicata alla legge d’attrazione) rispetto all’eccessivo materialismo che caratterizzerebbe gli insegnamenti di Abraham-Hicks. In effetti se si ascoltano superficialmente le registrazioni dei corsi le richieste dei partecipanti riguardano tipicamente soldi salute amore: obbiettivi piuttosto terra terra si potrebbe dire. In realtà la risposta costante a queste domande è “entra nel vortice e poi”, che a me sembra un messaggio spirituale. La mia personale lettura è che si tratti di un approccio tantrico molto semplificato nell’esposizione anche se non nella sostanza:   il percorso per entrare e rimanere nel vortice richiede di integrare l’aspetto materiale e quello spirituale fin nell’identità. Abraham-Hicks ribadiscono costantemente che noi siamo Spirito incarnato, e che la componente materiale visibile e analizzabile è solo una parte infinitesimale dell’interezza dell’Essere umano.

 

Fin qui l’esposizione di quello che ho letto sui libri. Trovo ironico di fare un discorso tutto basato sulla realizzazione dei desideri perché non sono mai stati il mio interesse primario. Cominciando a studiare rebirthing nel 1982 cercavo la chiave che mi rivelasse perché le cose nella mia vita erano andate in un certo modo. A differenza della maggior parte della gente con cui frequentavo corsi e  di quelli che in seguito hanno studiato con me il mio desiderio non era migliorare o raggiungere determinati obbiettivi: io volevo capire, e cercavo qualcosa che mi permettesse di farlo. Questo mi ha impegnato in una ricerca profondissima, in cui che mi piacesse o no ho incontrato molti più fattori di quelli che con la razionalità riusciamo a contemplare comodamente. Come direbbe facebook, è complicato. L’essere umano è infinitamente, forse insondabilmente complesso, e le mie ricerche mi hanno portato a modificare un passo per volta la mia immagine del mondo e delle forze che agiscono nel mondo e dentro di noi. Ma questo è un discorso ben più ampio dello scopo di questo articolo, e ne scriverò in seguito.

Mi piace concludere con un’equazione, che nella mia formazione come rebirther è stata fondamentale. Io l’ho sentita enunciare per la prima volta da Binnie Dansby, una insegnante di rebirthing straordinaria, caposcuola di un approccio integrato molto interessante. L’equazione, che finora ho verificato sempre vera nella mia osservazione delle esperienze mie e altrui è questa: “pensiero+energia=risultati”. In questo senso è parente stretta (un altro modo di dire la stessa cosa) della legge d’attrazione di Abraham-Hicks. Perché vale sempre, in positivo come in negativo.

Offre da un lato la possibilità di un cammino introspettivo: ok, se ho prodotto questo risultato quali sono i pensieri e le emozioni (laddove l’emozione è manifestazione di un movimento energetico) che l’hanno generato? Dall’altro ovviamente se ho un obbiettivo, un risultato che desidero, dovrò portare l’attenzione non solo sulla mente di superficie (di cui sono conscia) che ha concepito il desiderio, ma prendere in considerazione come mi sento in proposito, quali emozioni e associazioni suscita in me, quali immagini mi vengono se penso a quando sarà realizzato. Riesco a vederlo realizzato? Come mi fa sentire? Questo permette di includere parti più profonde del mio essere, di cui magari non sono consapevole:  in questo modo il percorso verso la realizzazione di quel risultato desiderato sarà anche un’esperienza di contatto e autoconoscenza che mi offrirà una consapevolezza maggiore di me stessa, e maggiore pienezza.

Tornando al confronto iniziale fra legge di Murphy e legge d’attrazione, si può dire che se mi concentro tanto su quello che temo possa andare storto finirò per vivere nell’ansia. A quel punto per la legge d’attrazione attraggo ciò alla cui frequenza vibro, e cioè proprio quello che temo, e qualcosa andrà storto. Quindi in fondo la legge di Murphy non è che un’applicazione in negativo della legge d’attrazione, che è neutra, una spiegazione di come succedono le cose.

 

Come tanti altri io insegno che portando la consapevolezza sul respiro e sul corpo, praticando rilassamento e meditazione si possono prendere le distanze dall’ansia, e coltivando apertura e incoraggiamento si possono cambiare i risultati. Il bello è che ormai non è più una questione del vecchio modo di pensare che contrappone “realtà” (legge di Murphy) e “illusione” (legge d’attrazione), perché la ricerca scientifica ora è sufficientemente avanzata da registrare i cambiamenti che avvengono nella chimica del sangue e nelle aree stimolate nel cervello quando si medita. Il luogo d’incontro fra pratiche spirituali millenarie e ricerca scientifica sono l’epigenetica, la fisica quantistica, le neuroscienze e in particolare gli studi sulla plasticità cerebrale. Per chi desideri approfondire questi affascinanti aspetti consiglio la lettura di Anatomia della guarigione, di Erica Poli (medico, psichiatra e psicoterapeuta), manifesto della medicina integrata. O anche Le due anime del mondo, di Deepak Chopra e Leonard Mlodinov. Chopra, medico e autore di best sellers di fama mondiale nel campo di spiritualità e salute, si appoggia alla Harvard Medical School per studiare i risultati delle pratiche che insegna nei suoi corsi, e anche Joe Dispenza, famoso per i suoi libri su funzionamento del cervello e abitudini sono anni che studia in maniera scientifica gli effetti della meditazione. Il suo ultimo libro si intitola Diventa Supernatural ed è basato sui risultati di questi studi.

 

In conclusione: meditate, gente, meditate

 

 

 

 

STRESS DA VACANZE O VACANZE DALLO STRESS?

Sarà il mio lavoro, ma ne sento di tutti i colori quando si tratta di vacanze. Dopo aver passato in rassegna le forme più comuni di stress da vacanza condividerò alcune riflessioni personali, con qualche proposta e suggerimento a fine articolo per non mettere in valigia lo stress e godersi appieno riposo e ricarica.

AMMALARSI IN VACANZA pare sia molto comune. Se si accumula tanto stress (tensione, mancanza di riposo, preoccupazioni, orari pressanti, scadenze incombenti, conflitti e ansie assortite nell’ambiente di lavoro) durante l’anno, e l’unico periodo di rilassamento sono le agognate vacanze, indovinate quando il corpo può permettersi di rilasciare le tensioni e occuparsi dei danni accumulati durante l’anno? Come spiego nella voce “gestione dello stress” nel menù del mio sito, un’attivazione cronica del sistema nervoso simpatico, quello dell’adrenalina e dell’attacco fuga, senza una sana alternanza con gli stati riparatori attivati dal sistema parasimpatico, che rilassa e rigenera, porta a un costante logorio del corpo, e in particolare del sistema. Se si tiene conto che uno dei sistemi che il corpo usa per far fronte a un “troppo pieno” di tossicità è quello che le nonne chiamavano uno “sfogo”, che uno dei sistemi principali di mobilitazione del sistema immunitario è l’innalzamento della temperatura corporea per eliminare patogeni e mobilitare difese, e che l’eliminazione più veloce è a livello delle vie aeree o dell’intestino, ci sono tutti gli ingredienti per soccombere al primo virus che passa, col risultato di passare le vacanze chiusi in camera ammalati. Per il corpo è un reset e una disintossicazione che si prende come può, comprensibilmente vissuto come una sfortuna e un’ingiustizia da chi ha forzato costantemente i limiti tutto l’anno. La cosa peggiore è che spesso non si coglie il nesso fra trattare male il mio corpo durante l’anno e ammalarsi in vacanza. Segno ancora peggiore è ammalarsi nel week end. Il corpo ha proprio bisogno d’aiuto se è costretto a far così. Un’influenza ogni tanto può essere considerata uno scarico, ma se i sintomi sono più frequenti, o più veementi, bisogna prendere provvedimenti.

 

VACANZE FATICOSE. Ci sono vacanze che sembrano lavori forzati e lasciano spossati. In quest’epoca sembra che sia un obbligo anche divertirsi, FARE tante cose, riempire ogni spazio vuoto, un po’ come nella vita frenetica in città (la forza dell’abitudine). È considerato normale andare in vacanza in posti sovraffollati dove si fanno lunghe code in macchina per arrivare nella località prescelta, con altro traffico e difficoltà di posteggio per andare in spiaggia, portandosi dietro lo stress da sovraffollamento e inquinamento in cui si è immersi in città. Lunghissimi viaggi in autostrada, estenuanti trasferimenti in aereoporti, cambiamenti di fuso orario magari due volte in otto giorni… il corpo non vive tutto questo come un bel regalo rilassante.

 

VACANZE NOIOSE. Annoiarsi in vacanza è un altro bel sintomo di un ritmo troppo pressante durante l’anno. Il corpo è abitudinario: se per motivi di vita e di lavoro si devono rispettare ritmi massacranti durante l’anno, trovarsi all’improvviso senza orari da rispettare e niente da fare è una specie di shock. Se si tiene sempre lo stesso ritmo è difficile cambiare, e quello che per alcuni è un piacevole riposo per altri è un’insoppostabile tedio.

 

ESPLOSIONE DEI CONFLITTI IN VACANZA, un altro grande classico. Non c’è una vacanza giusta in assoluto. Caratteri molto attivi apprezzano attività sportive e ritmi intensi perché sentono il bisogno di scaricare tensioni. Altri sentono il bisogno di riposo, puro e semplice: per loro il far niente è dolce, e si ricaricano così. Se però si uniscono esigenze almeno apparentemente opposte, e se non c’è dialogo e creatività nel conciliarle, e se magari ci mette lo zampino lo stress (l’adrenalina aiuta a litigare meglio e più intensamente, è l’ormone che serve per combattere…) i conflitti cominciano dalla scelta delle vacanze. C’è anche da considerare che in vacanza c’è più tempo libero e si sta più insieme: se i conflitti ci sono, e si è evitato più o meno consapevolmente di affrontarli con la scusa dei ritmi suddetti , è facile che emergano in vacanza.

 

VACANZE TROPPO BREVI. Di questi tempi una settimana in vacanza è già tanto, con quello che costa, ma le vacanze non sono brevi solo per motivi economici: in molti non possono assentarsi dal lavoro più a lungo di così. E non solo nel caso dei dipendenti. Ci sono tanti lavoratori indipendenti, o figure di responsabilità che non hanno problemi di liquidità, ma di ritmo: i dipendenti magari non possono, ma gli altri non riescono a staccare.

 

Ho dipinto un quadro a tinte troppo fosche? Dal mio punto di vista le vacanze come le feste di Natale o Pasqua sono solo la cartina al tornasole della qualità della vita. Uno stile di vita basato sul fare, sull’apparire, sul consumare, su obblighi percepiti dall’esterno e sull’omologazione, in una parola su tutto ciò che è esteriore, tende a portare a una infinita e infelice ricerca di qualcosa di irraggiungibile perché perennemente proiettato fuori di sé. Nella mia piccola rassegna degli orrori se notate ho fatto riferimento a situazioni standardizzate, molto frequenti, anzi così frequenti da essere considerate normali. Diciamo che le vacanze non sono diverse dalla vita, ognuno porta se stesso con sé: nello stesso posto e a parità di condizioni una persona può essere immensamente felice e un’altra cupa o scontenta. Ci sono quelli capaci di essere felici che lo saranno in ogni condizione, e che di solito non soffrono di stress, e quelli che hanno bisogno di imparare questa capacità, e fortunatamente oggi è possibile.

 

UN ALTRO MO(N)DO E’ POSSIBILE: basta dare ascolto, attenzione a tutte le parti di noi stessi, e non solo a quel che viene da fuori. Una qualità squisitamente umana ci permette di osservare i nostri pensieri, di accorgerci delle spinte abituali. Si chiama consapevolezza. E c’è una via facile facile per svilupparla: ascoltare le sensazioni corporee. Si, proprio semplice, e portatile: la mente per definizione mente, ma il corpo dice sempre la verità. Quando riceviamo una notizia piacevole, o qualcosa si risolve insperatamente, parte un respiro lungo, un sospiro di sollievo si dice, mentre quando c’è l’ansia non c’è verso di far arrivare il respiro alla pancia. È fin troppo comune che un percorso di ascolto cominci da acciacchi e dolori, perchè sono abbastanza forti da richiamare la nostra attenzione, ma c’è un altro indicatore potentissimo che viene dal corpo, ed è il piacere. Piacere, sollievo, respiro libero, cuore aperto, gioia, allegria, quella roba lì. Come si fa a distinguerlo dalla banale soddisfazione di dipendenze (fumo tv social cibo sigarette etc)? Semplice: non viene sempre meccanicamente dalla stessa fonte. E forse un termine migliore di piacere è gioia. Così, la scelta delle vacanze può essere basata su un semplice criterio: cosa mi dà gioia?

 

LA GIOIA È L’OPPOSTO DELLA NOIA: per provare gioia devo essere presente a me stesso, sentirmi, mentre la noia è solo non sentire niente. È quando non si sente che c’è bisogno di stimoli sempre più forti. Se avere degli spazi vuoti fa provare noia è perché si è perso il gusto dell’ozio, che per i latini non era il padre dei vizi, ma lo spazio in cui dedicarsi a ciò che nutre e dà gioia al cuore. L’ozio per i classici era lo spazio tempo dedicato alla coltivazione di sé. Parlare di coltivazione mi fa pensare alle discipline orientali, così attuali anche se antichissime perché nel movimento lento del tai chi o nelle posizioni dello yoga quello che si ascolta è l’interno, il respiro, il dialogo fra corpo e postura, un mondo intero all’interno. Ho passato più di trent’anni ad osservare il respiro, mio e dei miei allievi di rebirthing. Invariabilmente alla fine della seduta di respirazione il cuore trabocca di gioia, la mente di idee e possibilità: non siamo vuoti dentro, basta stare in ascolto, andare oltre tensioni e preoccupazioni abituali ed emerge la nostra realtà più profonda, la vitalità e la gioia. Questa è la mia definizione di vacanza dallo stress.

 

IN VACANZA DALLO STRESS. Un insegnante che stimo molto, Ron Young, ai tempi in cui facevo formazione con lui (inizio anni ’90) diceva che le vacanze dovrebbero durare tre settimane: se ricordo correttamente diceva che la prima serve per riposarsi e rallentare il ritmo, la seconda per divertirsi e rigenerarsi, e la terza per sistemarsi e partire ricaricati. Come non concordare con un consiglio così saggio, dato da un guaritore di fama internazionale, i cui allievi sono oggi per la maggior parte medici? Si può obbiettare che non tutti hanno il tempo, e non tutti possono allentare il ritmo. Vero, come abbiamo visto nella prima parte dell’articolo. Ma tornando a rivedere le varie tipologie di vacanze stressanti si può dire che abbiano una cosa in comune: la distanza da sé, e l’inconsapevolezza del ritmo di cui si è preda. A questo scopo il consiglio che posso dare io è quello di cominciare ad allentare lo stress subito, prima di partire, proprio con piccoli cambiamenti di ritmo: facendo una strada diversa dal percorso abituale casa lavoro, inserendo piccole cose che ci piacciono nelle abitudini quotidiane.  Io abito e lavoro a Genova: per noi far due passi sul mare non costa niente, e abbiamo colline e laghetti subito fuori dalla città: passeggiare nella natura è rigenerante, e ha effetti meravigliosi di abbattimento dello stress. Su internet è pieno di rilassamenti guidati, e anche nel mio canale (clicca qui per andarci) metto a disposizione meditazioni guidate che usate con regolarità permettono a costo zero (basta un quarto d’ora al giorno) di prepararsi alle vacanze abbassando prima il livello di stress. Per chi senta bisogno di un percorso accompagnato sono a disposizione, è un percorso alla scoperta del piacere di dare spazio al meglio di sé. E per chi non ha tempo o ha un budget tirato vale la pena di prendere in considerazione una consulenza una tantum: le ho battezzate “Tiramisù”. Certe volte non ci si può concedere molto, e in quei casi un piccolo intervento è molto meglio di niente, e può mettere sulla buona strada per trasformare le vacanze in un momento di recupero e rigenerazione.