GESTIONE DELLO STRESS

 

StresS.O.S.

Immagina una tigre dai denti a sciabola.Ok, adesso sono estinte, ma almeno per una parte del milione di anni che il nostro corpo ci ha messo a evolversi, le tigri dai denti a sciabola erano un problema. Se fossi inseguito da un’enorme tigre dai denti a sciabola non vorresti avere la possibilità di correre più veloce o avere più forza per combatterla?

Pronti! Il corpo umano ha proprio evoluto quello che ci voleva: una serie di segnali (neurotrasmettitori e ormoni) che scatenano lo stato di “attacco/fuga” per far fronte al meglio a situazioni come questa. Nella reazione “attacco/fuga” il fegato immette zuccheri nel flusso sanguigno per avere l’energia che serve, il sangue viene deviato tutto ai muscoli, e per poterli usare al meglio viene anche alzata la pressione sanguigna e accellerato il battito cardiaco, e viene infine immesso nel sangue il colesterolo necessario per eventuali riparazioni. Se ti inseguisse una tigre dai denti a sciabola  non ti fermeresti certo a far merenda o a schiacciare un pisolino, né riusciresti a concentrarti su un libro. Lo stato mentale ed emotivo sarebbe in allarme rosso – paura e aggressività hanno la stessa origine chimica: l’adrenalina.

Perché ho cominciato parlando di una specie animale estinta? Perché ci sono volute centinaia di migliaia di anni per mettere a punto il nostro meccanismo protettivo salvavita. Purtroppo però ormai le strategie che il nostro corpo usa in caso di crisi per salvarsi la vita se abusate mettono a rischio la vita stessa (temporaneo innalzamento di pressione, colesterolo, glicemia, aggressività o paura diventano problemi cronici: cardiaci, pressori, digestivi, intestinali, sessuali, del sonno e dell’umore, diabete, ansia, depressione…) . Com’è possibile? Gli stessi meccanismi che attivati occasionalmente (alternati a stati riparativi di attivazione del parasimpatico) sono salvavita, quando sono costanti si trasformano nei mostri che sembrano colpire gran parte della popolazione nel mondo occidentale: non sono il segno che il corpo non funziona, ma che il nostro stile di vita è cambiato troppo rapidamente per come funzioniamo.

 

Sistema simpatico e parasimpatico

La reazione alla tigre dai denti a sciabola è conosciuta come reazione di “attacco/fuga” e consiste nell’attivazione del sistema simpatico, che è la parte del sistema nervoso autonomo deputata a prepararci all’azione immediata, alla velocità, allo sforzo fisico, a rispondere con aggressività o paura.

Semplificando molto, il sistema nervoso autonomo, (detto “autonomo” perché non dipende dalla volontà o intenzione cosciente,  responsabile di quisquilie come il battito cardiaco o il respiro anche mentre dormiamo o pensiamo ad altro), è   costituito da due sistemi che si alternano, e non possono essere attivi contemporaneamente. Il sistema simpatico l’abbiamo appena visto. Le funzioni del sistema parasimpatico sono di “rilassamento e rigenerazione”: permettono il rilassamento e il sonno profondo durante il quale si produce ormone della crescita (importantissimo anche nell’adulto, perché provvede alla rigenerazione delle varie usure quotidiane). Gli stati che si possono sperimentare quando è il parasimpatico che comanda sono concentrazione ed efficacia, efficienza senza ansia, buona digestione, stimoli affettivi, funzioni cardiache normali e livelli normali di pressione, colesterolo eccetera. I due sistemi sono fatti per alternarsi: quando la minaccia della tigre è cessata si attiva il sistema parasimpatico per rilassarmi e recuperare.

Qual è il problema? La reazione attacco/fuga è un sistema perfettamente evoluto per sostenere l’essere umano in condizioni di crisi che minaccino la sopravvivenza, ma è fatto per essere attivato ogni tanto. Oggi non ci sono più le tigri dai denti a sciabola, eppure le crisi che attivano la reazione di attacco/fuga sono continue.  E quindi chi vive in città, si muove nel traffico e lavora in ufficio ha una più o meno costante attivazione di questo meccanismo (con l’aggravante che quasi mai un pugno sul naso al capo o una fuga verso la spiaggia sono opzioni accettabili), causando di fatto l’attivazione continua del sistema simpatico. E creando le condizioni ideali per tutta una serie di sintomi, che se non inseriti in questo quadro possono sembrare problemi di salute a sé, e invece sono conseguenza o segnale di un sovraccarico da stress. Sotto la continua attivazione del sistema simpatico il corpo non può fare la manutenzione/riparazione/rigenerazione quotidiana come dovrebbe. Per poco è protezione, se continua diventa intossicazione. Interi sistemi (il più sentito forse è quello digerente) non possono funzionare al meglio, non possono riparare i danni dell’usura, e alla lunga sono più “attaccabili” da patogeni o dalla terribile degenerazione che chiamiamo cancro.

 

Come funziona lo stress?

Il medico che lo ha studiato tutta la vita e battezzato, l’austriaco Hans Selye (1905-1982), distingueva fra “stress” e “distress”, e parlava dello stress (attivazione temporanea dei sistemi di cui sopra) come “spezia della vita” , un’attivazione che permette di rispondere al meglio a stimoli esterni. “Distress” (disagio) nella sua definizione è l’attivazione costante e perenne di cui parlavamo sopra, che finisce per esaurire le scorte. Secondo Selye lo stress ha tre fasi:

La prima è l’insorgere, che Selye definisce “allarme”, a cui segue la “resistenza” o adattamento, dopo la quale si arriva all’ “esaurimento”. I tempi variano, ma la mia personale osservazione è che la fase più critica e pericolosa è quella di mezzo: l’adattamento allo stimolo (stressor lo chiamava Selye) porta alla perniciosa abitudine di vivere in un perenne squilibrio dare/avere: il corpo ha ingenti costi nell’adattarsi allo stress, di fatto consuma scorte di energia vitale che NON sono infinite. Quando si esauriscono, nella terza fase, ormai è tardi- malattia, degenerazione, invecchiamento e morte avvengono in questa fase. È chiaro come in questi casi la prevenzione sia la scelta obbligata, oltre che la più saggia e fruttuosa.

Anche intervenire nella fase di mezzo, di adattamento e resistenza, dà buoni frutti. Peccato che in questa fase l’allegro consumo (spreco) dell’energia vitale faccia sentire le persone forti, potenti, in grado di far fronte, e sembra di far loro un torto avvertendole che tutto quel senso di potere rampante sia a costo della salute. Viviamo in una cultura che dà valore a competizione, forza, aggressività e successo, in cui il riposo è considerato improduttivo, uno spreco di tempo e una debolezza. C’è una polarizzazione per cui “fare” è il massimo valore, “go go go” (=vai vai, muoviti!) l’imperativo, e chi si ferma è perduto.

Il fatto che alla fine sia la malattia a far fermare, e che gli ospedali siano sempre più pieni specialmente nei reparti per malattie tumorali non basta come avvertimento, perché per mantenere la favola del potere rampante malattia vecchiaia e morte vengono completamente ignorate o negate dalla nostra società, e così anche la salute e ciò che serve a costruirla o mantenerla. “Adesso non ho tempo” dice la donna impegnata su tutti i fronti: lavoro casa marito figli vita sociale magari anche genitori anziani. Troppe volte il tempo lo si trova quando una malattia grave rende impossibile ogni attività (in questo contesto gli incidenti che fermano le persone sempre impegnate sono da considerarsi una fortuna salvavita).

 

Ma lo stress cos’è?

Come il dott Selye nel suo libro “Stress without distress” comincerò col dire che cosa NON è: non è un problema emotivo, non deriva necessariamente dal lavorare tanto e non ha a che vedere con debolezza del sistema nervoso (l’estrema irritabilità, quando un nonnulla provoca reazioni esagerate, è segno certo di surrenali esauste e fa parte della cosiddetta sindrome da stress, la fase prima di ammalarsi, non è sintomo psicologico).

E c’è di più: persone diverse reagiscono in modi diversi agli stessi stimoli (“stressors”). In realtà lo stress può avere le cause più disparate, che però finiscono per causare sempre le stesse conseguenze – quindi si, una componente personale c’è, sia nel tipo di stimoli che troviamo stressanti, sia nel modo in cui ci adattiamo (=abituiamo) o reagiamo. Non solo: lo stress è portatile. Anche se andare in vacanza nel pensiero comune è considerata una cura, in realtà non è necessariamente così, per esempio quando si è nella fase di adattamento: in questa fase ci si abitua a tenere un ritmo molto elevato, fare tre cose nel tempo di una è il minimo, e naturalmente in vacanza improvvisamente non ci sono più da fare tutte quelle cose contemporaneamente.

Mollare il ritmo può costar caro, perché l’organismo può presentare tutto in una volta il conto dello lo stress accumulato: è il caso di quelli che in vacanza si fanno l’influenza o si beccano il virus locale o passano il tempo di malumore, in ansia o super irritabili. È per questo che è difficile convincere chi è sotto stress a far qualcosa per il proprio bene- la fase di adattamento è precisa: richiede fedeltà, e in cambio dà la falsa ebbrezza di una falsa potenza. Falsa perché a scapito della salute.

 

Brutte notizie: è impossibile evitare lo stress

L’unica condizione completamente priva di stress è la morte. E non la morte del capo/coniuge/suocera rompiscatole! Battute macabre a parte, lo stress fa parte della vita. Essere bersagliati da stimoli che arrivano su sei fronti contemporaneamente è la vita. Essere esposti allo stress è una conseguenza dell’essere vivi.

 

Buone notizie: il rimedio c’è, ed è l’alternanza

Teoricamente lavorare tantissimo a ritmi feroci dovrebbe essere stressante, ma qui viene il bello: ho conosciuto persone in ruoli di responsabilità, dalle cui decisioni dipendevano le sorti di centinaia o migliaia di altri, che non avevano il minimo segno di stress. Dovessi azzardare un’ipotesi direi che la loro concentrazione ed efficienza veniva dal fare qualcosa che per loro era importante e gratificante. Il lavoro pienamente soddisfacente, scelto e amato, di solito non causa stress anche quando impone ritmi intensi. Insomma, alla fine le mie osservazioni concordano con quelle di Selye di così tanti anni fa: l’alternativa allo stress, ciò che lo cura o non lo fa nemmeno insorgere sono il piacere, la passione, la soddisfazione. E il riposo, naturalmente, o meglio, l’alternanza fra attivazione del sistema nervoso simpatico e parasimpatico.

Alternanza, è tutto qui. Se ci pensate, alternare momenti di grossa spesa energetica a momenti di recupero è la cosa più semplice e naturale: non dovrebbe essere necessario perorare questa causa con articoli e conferenze. Questo se si facessero i conti senza l’oste: osservando le persone che mi arrivano al secondo o terzo stadio (più frequentemente al terzo, naturalmente) mi sembra di avere a che fare con tossicodipendenti. Non riescono a smettere. È importante rendersi conto del fatto che lo stress “cronico” non è un problema solo psicologico: adrenalina e co. che lo attivano e lo mantengono impediscono l’alternanza fisiologica, in quello che visto dal di fuori somiglia molto a una dipendenza chimica (in effetti cocaina e anfetamine, che mimano l’adrenalina, sono piuttosto diffuse e abusate anche loro…).

La buona notizia naturalmente è che il corpo si adatta e impara sempre, e che le abitudini possono essere modificate in meglio con un po’ di pazienza. Gli studi sulla plasticità cerebrale (resi possibili negli ultimi vent’anni dagli avanzamenti tecnologici che permettono di studiare il cervello senza aprire il cranio) dimostrano che più usiamo una funzione, più la mappa cerebrale corrispondente si illumina e si amplia, mentre la mappa cerebrale collegata a ciò che non usiamo si restringe fino a scomparire. Grandiosa scoperta dell’acqua calda: la forza dell’abitudine ha un ruolo anche nello stress!

Non solo, l’alternanza fra alta intensità e relax porta a flessibilità, buona salute e longevità attiva, cioè l’opposto dello stress. Ed è così semplice!

 

A ciascuno il suo

Allo scopo di favorire una sana alternanza fra attivazione del simpatico e del parasimpatico è necessario fare… cose piacevoli! Con una caratteristica fondamentale: devono far entrare mente corpo ed emozioni in un contatto benefico, lasciando rilassati e ricaricati (spiacente: shopping, sigarette e aperitivi non rientrano in questa categoria…).

Per alcuni nulla di meglio di corsa, mountain bike o sport impegnativi. Questo tipo di attività sono ideali x stress acuto, la prima fase, e funzionano molto bene per chi è già in buono stato di salute e vuole accrescerlo o mantenerlo. Sono pratiche costose dal punto di vista energetico, da evitare quando si è in carenza, super benefiche se c’è l’energia per farle, con produzioni rutilanti di endorfine, gli ormoni del benessere. Questo spiega perché fare palestra fino a sfinirsi per alcuni è un tiramisu, mentre per altri è deleterio: nella seconda fase, quella dell’adattamento, non c’è abbastanza energia per farlo, mentre pratiche fisiche che portino allo sviluppo della consapevolezza corporea ed energetica come yoga, tai chi, chi kung non solo portano a una caduta dello stress, ma rimpinguano anche le scorte.

Ascoltare musica: da sempre gli umani ricorrono alla musica per rilassarsi o creare un’atmosfera. Anche qui è una questione di gusti. C’è chi si rigenera con la musica classica e chi si diverte col reggaeton. Occhio ai Metallica: nulla di meglio della carica del rock per continuare ad andare quando si è esauriti, quindi certi tipi di ritmi possono essere usati per spingersi oltre le proprie risorse, e perciò finiscono con le sigarette e lo shopping… sono funzionali a mantenere un ritmo che il corpo da solo fa fatica a reggere.

Qualsiasi hobby praticato con grande piacere attiva il sistema parasimpatico: è importante essere completamente assorbiti, interessati o gratificati nel farlo. Vanno molto di moda gli album da colorare: l’uso del colore (anche ad altri livelli: conosco un signore che si veste ogni giorno con un colore: oltre che piacevole per lui lo è anche per chi ha intorno) è assai benefico. Dipingere, studiare pittura, visitare mostre e musei può nutrire attraverso il colore. ho un’amica arteterapeuta di formazione steineriana che fa miracoli con minori in situazioni critiche (e non solo) proprio con acquerelli e disegno.

Potrei continuare a lungo, ma istintivamente sappiamo osa ci fa stare bene, questi sono solo esempi per ricordarlo, e come dicevo all’inizio, basta introdurre una o più di queste attività e tutto è risolto. Se lo stress è ancora in fase acuta.

Di solito chi è nella seconda o terza fase non riesce ad introdurre questo tipo di pratiche. “Non ho tempo” è il ritornello di chi si priva della spinta naturale verso il piacere per poter tenere i ritmi che già lo hanno distolto da ciò che sarebbe naturale. Qui entrano in gioco le cose che ho studiato e che insegno.

Gestire lo stress: come imparare

Quando mi presento come consulente per la gestione dello stress e l’armonizzazione energetica mi propongo come informatrice ed educatrice. Insegno metodi, strumenti, offro informazioni che danno sostegno e autonomia alle persone. È cominciato tutto con lo studio e la passione per il Rebirthing, il mio primo amore professionale, tuttora in uso. Le persone che venivano a fare il ciclo completo di sedute avevano risultati strepitosi, miglioramenti in tutti gli aspetti delle loro vite, e soprattutto generavano un nuovo atteggiamento più resiliente (termine nuovo, che indica la capacità di riprendersi con positività).

A posteriori mi rendo conto che la respirazione e ossigenazione profonde e l’apprendimento di un atteggiamento mentale costruttivo erano praticamente LA cura per i problemi dello stress, e quindi mi sono trovata fra le mani una soluzione prima ancora di essere consapevole del problema. Questo fa si che io segua le persone con entusiasmo e sicurezza che vengono dall’ esperienza.

In occasione di questa newsletter tutta concentrata sulla tematica dello stress e di come gestirlo mi è venuta l’idea di proporre quello che per l’occasione ho batttezzato TIRAMISU, un incontro singolo, una tantum e senza impegno, per avere un sostegno a portata di mano nel momento in cui c’è bisogno. È una cosa molto piccola, che può consistere in una pulizia e ricarica energetica, o inquadramento e strategie che poi la persona implementa da sé. Ma in momenti in cui mancano il tempo o le risorse o tutti e due, l’idea di una seduta sola è un antistress di per sé, e può fornire la boccata d’aria che ci permette di sostenere una situazione altrimenti pesante.

Avendo un pochino più di tempo da dedicarsi una GIORNATA ESPERIENZIALE in gruppo comincia a fare l’effetto che io chiamo “beauty farm”, e cioè un bello scarico di tensioni, rilassamento e ricarica. DOMENICA 20 MAGGIO ci sarà la possibilità di riflettere sulle proprie strategie antistress, metterle a punto al meglio e sperimentare svariate tecniche di “caduta artificiale dello stress” da poter integrare facilmente nella propria vita

A me la dimensione del percorso articolato piace molto perché mi permette di accompagnare le persone alla scoperta di risorse che non sapevano di avere e di strumenti che si imparano facilmente. Anche qui tenendo presenti i livelli di stress e tempo disponibile offro una prima possibilità più breve: LA MEDITAZIONE SU MISURA consiste in tre incontri, in cui viene esaminata una situazione, formulati obbiettivi e creata una visualizzazione (è un modo strepitoso di ricondizionare il cervello e forse l’unica via efficace per cambiare abitudininegative radicate) che poi la persona userà per 21 giorni in autonomia. La visualizzazione viene elaborata insieme, e poi la registro, cosicchè la persona si senta sostenuta e facilitata nell’utilizzo. L’intero percorso è riproducibile in autonomia all’infinito, a seconda della motivazione e della voglia individuali.

Offro anche percorsi individuali per lidentificazione delle cause e gestione personalizzata dello stress, in un numero di incontri variabile a seconda delle necessità e possibilità della persona, e su questi potete trovare info sul sito. Una versione più approfondita e completa di questo articolo può essere consultata se andate sulla voce di menù “Gestione dello stress” del sito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia minima:

Se l’argomento vi affascina c’è un testo di approfondimento che è considerato un po’ la “Bibbia” di riferimento per queste tematiche: Robert Sapolsky, “Perché alle zebre non viene l’ulcera“, LIT edizioni.